di F.T.
Nel giorno dell’incidente probatorio sul tunnel Tescino, torna alla ribalta la vicenda di Alessandro Ridolfi, il tecnico 41enne originario di Arezzo il cui calvario è iniziato proprio all’interno della galleria. Impegnato nel marzo del 2009 come responsabile della sicurezza degli esplosivi all’interno del cantiere della Terni-Rieti, Ridolfi ha denunciato di essersi ammalato gravemente – la diagnosi parla di ‘dermatite eczematosa corrosiva’ – dopo essere entrato a contatto con il liquido che per lungo tempo ha continuato a filtrare dalle pareti del tunnel.
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Indagini chiuse Sulla vicenda il sostituto procuratore Elisabetta Massini ha aperto un fascicolo e l’indagine preliminare si è chiusa nei mesi scorsi con tre persone indagate per lesioni personali aggravate. Si tratta dell’amministratore unico, del direttore di cantiere e del responsabile del servizio di prevenzione e protezione della Terni-Rieti Scarl.
Accusa Per la procura, i tre avrebbero «omesso di comunicare al Ridolfi […] che le infiltrazioni di acqua all’interno della galleria contenevano cromo esavalente, mercurio, piombo, rame e cadmio nonostante la circostanza fosse nota quantomeno dal 16 marzo del 2009, così determinando le lesioni per la permanenza prolungata all’interno della galleria senza alcun dispositivo di protezione individuale idoneo e senza alcuna informazione sulla composizione dei liquidi con cui veniva a contatto».
Parte offesa In questo procedimento, per il quale non è stata ancora fissata l’udienza preliminare, Alessandro Ridolfi è parte offesa. Il tecnico aretino non figura invece nel secondo fascicolo aperto dalla procura sulla ‘galleria dei veleni’, oggetto lunedì mattina di incidente probatorio davanti al giudice Maurizio Santoloci e che vede indagati un dirigente del settore ambiente di Tk-Ast e due dirigenti del compartimento per la viabilità dell’Umbria di Anas Spa. Non è escluso – sarebbe proprio questa l’intenzione della procura – che Alessandro Ridolfi possa essere citato anche in questo secondo filone, ovviamente come parte offesa.
Risarcimento A parlare è il suo legale, l’avvocato Roberto Alboni di Arezzo: «A breve – spiega – quantificheremo anche il danno subito dal mio assistito sulla base della perizia svolta dal professor Di Scalzi dell’università di Torino. Abbiamo già scritto e presto torneremo a farci sentire con tutti i soggetti che, oltre alla società impegnata nei lavori, hanno avuto un ruolo in questa vicenda: dall’Ast all’Anas, dalla Provincia al Comune, al Ministero dell’ambiente fino ad Arpa e Asl. Ci sono state negligenze a tutti i livelli ed è assurdo che la galleria sia stata costruita sotto una montagna di scorie come quella».
Incidente probatorio Intanto lunedì mattina si è chiuso l’incidente probatorio legato alla composizione e la natura dei liquidi che per diverso tempo hanno continuato a filtrare in più punti del tunnel. In aula l’ingegner Mauro Sanna e il professor Ivo Pavan, i due periti nominati dal gip Maurizio Santoloci, hanno ribadito le proprie conclusioni: ovvero che «la contaminazione riscontrata nelle acque di infiltrazione della galleria Tescino è da ricondurre esclusivamente alla discarica Tk-Ast definita ‘zona A attiva’».
Si va avanti Un punto di vista contestato dai periti dell’azienda attraverso relazioni tecniche e dettagliati studi geologici depositati in tribunale. Dopo l’incidente probatorio, il fascicolo è tornato al sostituto procuratore Elisabetta Massini a cui spetta il compito di proseguire l’indagine.