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di Maurizio Troccoli

Da indiscrezioni ci sarà una conferma della zona rossa individuata in Umbria. Sarebbe la direzione verso cui sono orientati in Regione, a seguito dell’analisi dell’andamento epidemiologico. Che significa quindi ancora restrizioni, per almeno un’altra settimana. Tra l’altro non sono ancora maturi i tempi per avere gli effetti auspicati dalle restrizioni.

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Accade nel giorno in cui per l’Umbria si ripete un test che dovrebbe restituirci l’incidenza delle varianti sull’andamento dell’attuale contagio. La nostra regione rientra nel campione Centro Italia, insieme a Toscana, Marche e Lazio, a cui complessivamente sono attribuiti 254 campioni random, ovvero scelti a caso tra quelli positivi e che saranno sequenziati dall’Istituto superiore di sanità. E’ richiesto alle Regioni di scegliere i tamponi positivi, orientandosi esclusivamente sulla base di una adeguata rappresentanza delle varie aree interne. Alle altre macro aree, con più regioni, sono attribuiti pressapoco la stessa quantità di tamponi da esaminare riservati alla nostra. A quella del Nord-Ovest (Piemonte, Valle d’Aosta, Liguria, Lombardia), sono attribuiti 265 campioni. A quella del Nord-Est (Trentino-Alto Adige, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Emilia-Romagna), 266 campioni. Al Sud e Isole (Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sardegna, Sicilia), 273 campioni.

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Le varianti Sui precedenti sequenziamenti è emerso che l’Umbria è tra le regioni con la più alta incidenza delle varianti. E’ presente nel nostro territorio sia quella inglese, caratterizzata da una maggiore capacità di diffusione (e che sarebbe contenibile dal vaccino AstraZeneca, ampiamente somministrato in Inghilterra), sia quella Brasiliana, a cui dovrebbero rispondere bene i vaccini disponibili attualmente e quindi Pfitzer, Moderna e AstraZeneca. Non ci sarebbe traccia, in Umbria, della variante Sudafricana, diffusa invece in Nord Italia, nell’area del Tirolo, che fa preoccupare circa la capacità degli attuali vaccini di fronteggiarla.

I sequenziamenti  per l’Umbria Sui circa 42 tamponi che a gennaio sono stati inviati all’Iss e di cui si è avuto risposta a inizio febbraio (quelli con cui è stata certificata la presenza delle varianti, definendole la causa che ha scatenato ‘il caso Umbria’, diffusa in maniera vigorosa nel Centro Italia ma con avanzamento progressivo in tutto il resto del Paese), l’incidenza che è stata attribuita all’Umbria è stata «tra le più alte», insieme all’area del Centro Italia. Quando è stata spiegata la distanza tra i valori registrati nelle diverse regioni, è stato detto che si andava da un massimo di oltre 50% di incidenza a un minimo di zero virgola. Lasciando pensare quindi che l’Umbria potesse essere molto vicina, o comunque intorno a quel 50% di incidenza delle varianti, sul virus in circolazione. Nella giornata di mercoledì invece, la direttrice della Microbiologia di Perugia, Antonella Mencacci, in un articolo pubblicato da La Nazione, ha reso noto due studi compiuti a febbraio nei quali è emersa una prima incidenza su poco più di 20 campioni, pari al 6,4% e una seconda del 17%, poco sotto la media nazionale del 18%.

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Toscana Intanto la vicina Toscana fa i conti con un aumento dei contagi dovuti alla variante inglese. E’ quanto emerge dallo studio compiuto dal laboratorio di Microbiologia e virologia di Careggi. Parlano di 1 caso su 3 dei tamponi. Situazione determinatasi nel tempo veloce di due settimane. Infatti uno studio di 15 giorni fa, parlava di un 10% di incidenza.

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