Ottantotto firme in tutto, da Perugia a Terni, da Foligno a Spoleto fino a Todi, Città di Castello, Gualdo Tadino, Assisi, l’area del Trasimeno e non solo. Sono in protesta i presidi della regione che lunedì si sono ritrovati al «Pascal» di Perugia in un’assemblea autoconvocata per spiegare che così non si può più andare avanti. I dirigenti hanno aderito allo stato di agitazione proclamato a livello territoriale e nazionale della categoria mettendo sul tavolo una serie di punti, come la mancanza di un dirigente scolastico a tempo pieno per l’Ufficio regionale, dato che la proroga di Simona Boarelli è scaduta ad aprile lasciando così vacante la carica. I presidi «richiedono stabilità e continuità nella governance» e un dirigente a tempo pieno che possa «assumere decisioni delicate», specialmente in questa fase di ricostruzione post terremoto, e supportarli «in un tempo di profonda e complessa innovazione, durante la quale i capi di istituto sono soli».
La protesta Soli e, stando a quanto spiegato lunedì, senza uno stipendio adeguato: dal 2010 è infatti scaduto il contratto collettivo, l’adeguamento al resto dell’area della dirigenza della Pubblica amministrazione non c’è stato e il Fondo per la retribuzione di risultato e di posizione per l’anno 2016/2017 è tornato a scendere (per l’Umbria da 2,528 a 2,351 milioni di euro). In più c’è il problema della carenza di personale in forza alle segreterie scolastiche, ormai ritenuto non più adeguato a «gestire tutti gli adempimenti amministrativi connessi alle continue innovazioni legislative», il che genera «ulteriori aggravi di incombenze e responsabilità». Troppe inoltre, tanto da aver raggiunto ormai «caratteristiche emergenziali», le scuole prive di presidi titolari e guidate da sole reggenze.
Sicurezza Bocciato senza appello anche il cosiddetto «portfolio» che i dirigenti dovrebbero compilare e che dovrebbe servire alla loro valutazione; i presidi sottolineano il fatto che non è agganciato alla retribuzione di risultato e che ha un «impianto meramente compilativo», tanto da considerarlo «l’ennesima molestia burocratica». In più c’è tutto il problema delle scuole ritenute non sicure, di fronte al quale i presidi si dichiarano non più disponibili a tenerle aperte. Nelle prossime settimane dunque andrà avanti la protesta attraverso «attività sistematiche di autoconvocazione», con dirigenti che non si assumeranno più «oneri non dovuti in materia di sicurezza»; anzi, laddove questa non sia pienamente garantita i presidi scriveranno agli enti proprietari (comuni e province), chiedendo interventi immediati come condizione imprescindibile per tenere aperta la scuola, inviando una comunicazione simile al prefetto. Tutti problemi sui quali i dirigenti invitano i sindacati di categoria a fare fronte comune. Per giovedì sono previste manifestazioni a Roma, un’assemblea sindacale a Perugia e uno sciopero. Di seguito l’elenco dei presidi che hanno firmato il documento di protesta.